21 ott 2018

Non è chiaro se si riproducano per partenogenesi, per contagio virale o siano il risultato di un esperimento genetico malriuscito. Una cosa però è certa: il più congeniale punto di ritrovo degli imbecilli è la rete. 

Affratellati da comuni interessi e con la granitica certezza che l'unione fa la forza nidificano sul web, anello di congiunzione nella inarrestabile catena di montaggio delle cazzate. La categoria degli "ex" è quella più ridondante: i siti di ex-etero, ex-colleghi, ex-alunni, ex-mariti, ex-fumatori e così via si sprecano. Ma non è un fenomeno di costume. 


E' un sintomo. Alla base ci sono problemi esistenziali: alienazione, solitudine, bisogno di protezione, immaturità. Ed è sulle reti sociali che tutti questi "ex" trovano rifugio, un ventre materno dove regredire in tutta tranquillità. 


Fosse per questo che si discute tanto sul  ruolo sociale dei vari Facebook, Twitter, Instagram? Un ruolo, insomma, di conforto per le difficoltà della vita?


E che dire  sui contenuti espressi dai frequentatori di queste desolanti postazioni consolatorie?  Concettualmente scarsi, creativamente scontati, dettati il più delle volte dalla smania di voler piacere a tutti i costi in una escalation infinita di stupidità.


Con queste premesse, alla lunga, tra i membri di questi gruppi si creano legami di tipo familistico con conseguente personalizzazione delle argomentazioni. Vien da sorridere come, in talune chat, il classico "che fai - n'do vai - come stai" diventi la materia più gettonata.


Quanto detto può irritare o magari offendere qualcuno, ma non è questa l' intenzione. Come in tutte le cose anche in internet coesistono luci e ombre. E' la solita storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Questo è il bicchiere mezzo vuoto.